Con l’acronimo NEET (Not in Education, Employment or Training) si comprendono i giovani che non studiano, non lavorano né sono impegnati in attività di formazione. Il NEET protagonista di questo libro vive a Chioggia, in casa dei genitori o meglio in una stanza della casa dalla quale esce solo spinto dai bisogni fisiologici, dalle ramanzine del padre o dalla pasta al forno della madre. Il grosso della giornata lo passa tra letto e computer in compagnia di Asia e Nina, due gatte oltremodo schiette, che non si astengono da aspre critiche nei confronti del loro “padrone”. Il nostro NEET si autodefinisce “rivoluzionario”: non vuole un lavoro, che gli appare tanto alienante quanto carico d’illusioni per chi lo ottiene, e non vuole neanche una relazione che, insieme all’amore, considera unicamente fonte di ipocrisie oltre che di inutili responsabilità. Questo giovane uomo trasuda misantropia e disprezzo nei confronti dell’intera società, che ritiene malata nel suo bisogno di finti bisogni. La sua unica finestra sul mondo è Facebook, in cui, come crede, un NEET intelligente può destreggiarsi ingannando abilmente gli altri, vittime della loro stessa ignoranza e protesi unicamente al soddisfacimento di desideri creati a tavolino da qualche multinazionale californiana.
Recensione
A metà Settembre per l’amata Fazi Editore è uscito un libro il cui titolo ha subito intercettato il mio interesse.
“Giovani NEET in Europa, tra preoccupazioni e transizioni” è il titolo della mia tesi di laurea, un lavoro di ricerca dove però sono emersi soprattutto dati quantitativi ed elementi statistici, mentre molto poco è stato lo spazio dedicato ad aspetti personali ed emotivo-relazionali sul tema.
Quando ho scritto la tesi, mi sarebbe piaciuto tantissimo avere sotto mano un testo come “Confessioni di un NEET”, un libro capace di portare, in poche pagine, il lettore non NEET (che sia studente, lavoratore, persona in formazione, zibibbo o fenicottero), in una dimensione che pur apparendo assurda sotto molti punti di vista è in realtà una parte, ormai anche piuttosto cospicua, della nostra società e come tale andrebbe quanto meno conosciuta.
L’autore, Sandro Frizziero, un giovane insegnante di Lettere di Chioggia, affronta un tema attuale e sociologico dal punto di vista del romanzo e lo fa, secondo me, molto bene, dando vita ad una narrazione coinvolgente e scorrevole, tanto comica quanto tragica, che mi ha tenuta incollata al libro facendomelo divorare in un pomeriggio.
Nel romanzo la voce narrante è quella del protagonista, un giovane trentenne veneto che vive in casa dei genitori, fingendo una quotidiana ricerca di lavoro, per compiacere questi ultimi, che in realtà non mette mai in atto, per il semplice motivo che non ha nessuna intenzione di lavorare.
Il protagonista di questa storia rifugge l’idea del NEET come dato sociologico, con la stessa intensità con cui rifugge l’idea di essere in qualche modo nella società che lo circonda; non vuole essere bollato, riconosciuto, etichettato, chiamato, interpellato, da ciò che è esterno alle quattro mura della sua stanza insonorizzata che condivide con due gatte. Unico collegamento al mondo che c’è fuori, a parte qualche fastidiosa commissione appioppatagli dalla mamma, è una connessione wi-fi che gli consente di pubblicare su Facebook vecchie foto con drink che attestano una sua, seppur preistorica, partecipazione alla vita sociale, oppure di trollare allegramente su vari gruppi dando luogo a incredibili litigi virtuali da cui poi si defila diventandone sadico spettatore.
Insomma, un bel personaggino.
La cosa veramente interessante di questo libro però è la straordinaria capacità dell’autore di fare in modo che il protagonista esprima contemporaneamente concetti diametralmente opposti, in un modo così reale e vero che il lettore si trova costretto a concordare con tutto quello che viene detto, domandosi, di fatto, da che parte stare.
Perché è chiaro che stare dalla parte del protagonista significa adottare la sua teoria basata sul fatto che i giovani di oggi si possono, potenzialmente, permettere di stare a cazzeggiare giocando alla playstation e chattando su siti di incontri, alzandosi alle undici del mattino con la lasagna calda ogni sera fino ai cinquant’anni, ma è altrettanto chiaro che nessun lettore della mia generazione, pur riconoscendo che sono lontani i tempi in cui dopo la laurea ci si poteva sposare e sfornare tre figli senza l’ansia di cosa dargli da mangiare, così come lontani sono i tempi in cui se non lavoravi i tuoi genitori ti prendevano a cinghiate finché spontaneamente ti ritrovavi ad arare un campo, potrà mai considerare “normale” questa teoria del mantenimento perenne.
Allo stesso tempo però non si può fare a meno di trovarsi d’accordo con il nostro NEET quando esprime alcune perplessità sulla vita futura, quando prende in giro tatuaggi tribali e petti depilati, quando parla di Audi S3 comprate con un netto di quattromila euro a partita Iva e di unghie rifatte al gel ogni settimana con i quattrocento euro di rimborso spese, di vacanze a Zanzibar sudate ma necessarie perché 1.200 euro sono pochi, è vero, “ma guadagnati in un ambiente giovane, dinamico, pieno di entusiasmo, interessante e competitivo, con infinite prospettive di crescita”.
Insomma questo insieme di critiche, alcune estreme e spassosissime (al limite del soffocarsi dal ridere mentre si legge), altre più sottili ma ugualmente taglienti, sono il punto forte del libro.
Sono l’elemento che ti porta a dire che, alla fine, il NEET, “quello che non ha voglia di fare niente”, ha ragione. Sacrificarsi e soffrire come animali in gabbia tutta la vita per pagare le rate di una macchina, da lavare al sabato per farci il giro alla domenica con una moglie che rigurgita bigiotteria da ogni poro e che non amiamo più (ma che non possiamo lasciare per la paura di trovarci in mutande nel pagare gli alimenti), è un’attività snervante, arida che non si adatta alla natura filosofica dell’essere umano.
D’altra parte però, nemmeno stare a letto a fissare il soffitto o fingersi qualcun altro sui social per dare sfogo alle fisiologiche frustrazioni a cui un ritiro sociale per forza di cose ti porta, si può considerare un’occupazione edificante e certamente, a lungo andare, perde qualsiasi tipo di sensazione gratificante.
Morire di fatica o annullarsi? Il libro non dà una risposta a queste domande, nonostante sia proprio la narrazione che le suscita nel lettore, mano a mano che si procede nel racconto.
Personalmente preferisco credere che ci siano delle buone vie di mezzo che con intelligenza e voglia di fare, ma soprattutto di vivere!, si possono perseguire senza troppa disperazione.
Non è facile, non è scontato, spesso, anzi sempre, di rinuncia si tratta, ma si può fare.
In conclusione penso che questo sia un libro capace di darci uno sguardo diverso nei confronti della nostra generazione e della nostra epoca e che Sandro Frizziero abbia uno stile serio e ironico, allo stesso tempo paradossale e vero. Secondo me è un libro da leggere, non potrà lasciarvi indifferenti.
La citazione che ho amato
“Bisognerebbe premiare con una cerimonia pubblica chi ha il pudore di nascondere i propri sentimenti. Oggi si ostenta tutto, senza filtri, amore e disprezzo, passione e odio, e io stesso in queste righe non sto facendo esattamente lo stesso? Non sto forse producendo dati riguardanti l’intimità della mia mente un po’ come se volessi trasferire l’interno delle mie mutande in un file di testo? Muti bisognerebbe stare! Tenersi tutto dentro. Affogare con le proprie angosce e non rompere le palle a chi vuole stare tranquillo.”
TITOLO: Confessioni di un NEET
AUTORE: Sandro Frizziero
CASA EDITRICE: Fazi Editore
ANNO: 2018
PAGINE: 172
PREZZO: 15 €