LIBRI RACCONTI

PROPRIETÀ – LIONEL SHRIVER

È dal primo istante in cui ho iniziato a leggere questa epica, svolazzante, profonda e intensa raccolta di racconti che continuo a pensare al momento in cui, finalmente, potrò parlarne. 
Il primo pensiero è stato: come farò a rendere in poche righe l’ampiezza di vedute che un testo del genere, una narrazione corale e allo stesso tempo così singolare, può suscitare in un lettore disilluso, convinto che questa modalità narrativa non faccia per lui?

L’impresa è dura ma ci vorrei provare. Non è che il racconto non mi piaccia di default. Ad essere sincera ne ho letti davvero pochi e non conosco abbastanza questo genere per poter dare una visione oggettiva. So però che nella mia testa sale un fastidio esacerbante quando penso che una storia debba esaurirsi in poche pagine. Mi sembra impossibile. Ci deve essere qualche trucco segreto. 

Sono un’amante dell’approfondimento in ogni sua forma, anche prolissa. Meglio aggiungere che togliere, penso sempre, e questa mia errata convinzione mi porta a credere che in venti, trenta anche quaranta pagine non ci sia spazio a sufficienza per una storia che resti. 

Quindi, ogni volta, prendo il racconto, più o meno mainstream del momento, lo leggo, lo analizzo, ci trovo anche qualcosa di bello ma, ora della fine, vorrei sempre che potesse durare di più, che quei personaggi, spesso molto più freschi e particolari di quelli che si trovano nei romanzi, potessero farmi compagnia più a lungo, restarmi accanto ancora un po’. I personaggi dei racconti vanno via troppo presto.

Per questi motivi, pur trovando alcuni racconti davvero illuminanti, proprio grazie alla loro brevità, non posso dire di esserne davvero attratta. Prima un buon romanzo, poi, forse, un racconto. 

Pensavo tutte queste cose mentre vedevo la copertina arancione di Proprietà passarmi davanti al naso sui social e nei miei giri in libreria. Nonostante la conoscessi di nome, non avevo mai preso in mano un libro di Lionel Shriver. E già qui mi dovrei fustigare da sola. Male, molto male. Lionel Shriver, ho scoperto leggendo questa raccolta, va assolutamente letta. È necessaria e anche confortante, se si vuole provare a dare un senso a tutte quelle piccole ossessioni così assurde, così atroci nella loro vacuità, così meschine e subdole, da farci pensare che riguardino solo noi.

La penna di Lionel Shriver illumina senza fare rumore. Ci farà sentire tutti meno soli. 

Con il primo racconto di questa raccolta (a mio parere uno dei più significativi), intitolato Il lampadario da terra, la Shriver ha messo subito nell’angolo tutti i miei preconcetti sul racconto. Spazzata via la paura di non trovare abbastanza, in questo testo ci ho trovato di tutto, anche quello che non mi aspettavo. 

La genialità e la completezza del suo modo di scrivere non sono riscontrabili in molti altri scrittori. Penso sia lo sguardo sul mondo, la particolarità dell’angolazione da cui lei osserva la realtà, a fare la differenza nei suoi scritti. È maestra nel descrivere l’umano e le riesce divinamente farlo, in particolare perché, nelle sue narrazioni, essa interpreta, con una chiave di lettura universale e accessibilissima, il significato più profondo dell’essere umani in questa specifica epoca. È una visione attuale, illuminante e precisa quella che offre in ogni pezzo di questa raccolta. 

Non è scontata questa abilità, è estremamente preziosa e cosa ancora più importante, piuttosto rara. Bisogna essere davvero fedeli al reale e dannatamente bravi per riuscire a convincere coloro che dentro ad una cultura e ad un modo di pensare ci vivono e ci sguazzano ogni giorno, che le ipotesi e le riflessioni propinategli attraverso le vicende e i personaggi della propria storia, siano proprio quelle che riescono a rispondere, almeno in parte, ai loro interrogativi di persone vere.  

Se leggendo Cicerone si sperimenta la sensazione commovente di essere parte di qualcosa di intramontabile ed eterno, di essere insomma ingranaggio a volte inconsapevole a volte prorompente, di un meccanismo millenario a cui nulla può porre fine,  leggendo la Shriver si ha una sensazione di analoga partecipazione, unita al fatto che lei, a differenza di Cicerone, traduce perfettamente questa appartenenza cucendola all’epoca che ci appartiene e dandocene prova riga dopo riga. Tutto questo mi appare quanto meno degno di nota. E no, non sto paragonando la Shriver a Cicerone, ma trovo che il suo modo di rendere la realtà sia tipico di chi si fa interprete della propria epoca con una capacità di analisi e critica così vaste da poter lasciare dei messaggi la cui validità si può adattare nel tempo. 

Se siete arrivati fino a qui avrete capito che io sono rimasta convinta e anche un po’ estasiata da questo libro. 

E mi rendo conto di non aver detto praticamente nulla di quello che davvero si trova in esso. Ho riassunto solo le mie considerazioni entusiastiche. Per grandi linee, sono andata, come sempre. Penso però che sia più interessante avere un’idea generale di una penna e di un autore, per comprendere se un libro possa piacerci davvero, se possa essere davvero nostro.
Ovviamente potrei anche soffermarmi un po’ di più sui contenuti. È che non voglio darvi troppi spunti, perché ritengo sia bellissimo trovarseli da soli, man mano che questa irresistibile narrazione procede in ognuno degli episodi che la compone.  

Potrei giusto dedicare qualche minuto agli aspetti che mi hanno colpita ed elettrizzata di più, a quegli elementi che mi hanno fatto pensare a questa narrazione come ad un viaggio necessario e sacro. Un vero e proprio percorso di apprendimento. 

Jilian è il personaggio più dolce e autentico che abbia incontrato ultimamente in una lettura. Il suo distacco dal mondo è romantico come poche cose. L’odio di Jeannette verso il sicomoro spontaneo, quando arriva a trasformarsi in nuova vita e in nuovi legami per lei, rappresenta una versione autentica e molto più convincente del mantra “niente succede per caso”. Ed è adorabile, secondo me.
E che meraviglia, che spasso, la coppia di genitori nel racconto Terrorismo Interno. Che maniera salda e pungente di rendere uno dei maggiori problemi sociali della nostra epoca non solo abbordabile e comprensibile, ma anche drammaticamente buffo.
Potrei andare avanti all’infinito ma forse non ha senso che io lo faccia perché, come dicevo, sarà bellissimo avventurarsi in queste storie senza sapere nulla e uscirne con l’idea di avere fatto degli incontri incredibili. 

Solo una piccola riflessione prima di lasciarvi alla lettura di questo libro sperando di avervi convinto della sua bellezza autentica. 

Il tema della raccolta, come si evince dal titolo, è la proprietà. Proprietà intesa come possesso dell’oggetto e quindi riguardante tutti i suoi derivati come la tirchieria, il materialismo, l’attaccamento e l’invidia. 
Il consumismo, per quanto sia insito in un discorso di questo tipo, viene lasciato in secondo piano. Non mi aspettavo questa cosa, ero abbastanza convinta che un tema del genere fosse tra i principali all’interno di una raccolta su questo argomento. Ho avuto un’iniziale destabilizzazione rispetto a questa assenza che non immaginavo di trovare. Ma la verità è che (il consumismo) non mi è mancato per nulla. È un tema così analizzato ed esasperato che averlo visto in sordina, per una volta, è stato quasi confortante. 

La proprietà qui c’è, si fa sentire, come concetto fondante della narrazione perché in fondo lo è anche della nostra società. L’oggetto rappresenta l’uomo, la sua potenza e il suo pensiero, il suo sentirsi o meno ad un dato livello della scala sociale della sua epoca. L’oggetto e il suo potere, il potere che ha su di noi, sulle nostre scelte e sulle nostre decisioni sono elementi innegabili del mondo in cui viviamo, componenti complesse e presenti in ogni ambito che riguarda le nostre vite. 

La Shriver prova a qui a rendere in maniera concreta il peso dell’influenza delle cose e degli oggetti sull’essere umano, perché considera questa una chiave di lettura di un mondo che, per quanto ci sconvolga, è proprio (e solo!) così che funziona. Non importa quante volte ci siamo dichiarati superiori a questi meccanismi, alla fine anche noi ne siamo vittime e anche noi siamo parte di questa modalità di intendere l’esistenza. E in fondo, se impariamo a guardarla con capacità critica, come la Shriver ci insegna, ci rendiamo conto che, di tutti i mali possibili, essere legati a cose di plastica e ferro più o meno grandi, non è nemmeno poi così male. A patto che, quando ce ne sia bisogno, si sappia anche vedere oltre. 

TITOLO: Proprietà
AUTORE: Lionel Shriver
CASA EDITRICE: 66thand2nd
ANNO: 2020
PAGINE: 335
PREZZO: 18 €

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