LIBRI MEMOIR

IL LAVORO DI UNA VITA – RACHEL CUSK

Sono cresciuta immersa in una cultura vecchia, intrisa di retaggi passati che fanno della possibilità dell’essere madre di una donna, la sua unica qualità o prerogativa a cui ambire. Lo dico senza cattiveria o rabbia. Faceva parte del mondo di trent’anni fa avere questa considerazione, anche negli ambienti più aperti e illuminati, l’ombra di un compito da portare a termine, con sacrificio e con un’abnegazione alienante di cui essere sempre fiere, sbucava fuori prima o dopo. Travestita da mini mamma con un foularino intorno al collo, giocando a partorire la mia bambola prima di andare a letto, o passando pomeriggi interi a dare biberon ad un’infinità di peluches, si è solidificata nella mia mente l’idea che tutto sarebbe dovuto comunque passare prima da lì, perché è lì che risiede il senso di ogni cosa. 

Da qualche mese ho iniziato il mio viaggio alla scoperta di storie che parlano, spiegano e provano a dare un senso alla maternità, togliendole quell’aura sacra in cui si è sempre incastonata, per conferirle un’infinità di significati altri a cui nella quotidianità sociale si fa davvero fatica a pensare. Ma invece esistono, sono presenti, e non basta sussurrare a noi stesse, nel silenzio del nostro salotto, che forse un po’ lo capiamo, l’istinto di rabbia che porta una madre instabile ad abbandonare, picchiare o fare del male al proprio figlio, dopo settantadue ore di pianti e vomiti, in cui non si è mai chiuso occhio. Uh…meno male che è soltanto un pensiero. Non sia mai che qualcuno ci senta e possa pensare male di noi. 

Parlo di questo argomento senza nessun giudizio e con una consapevolezza risicata, perché non sono madre e a malapena sto cercando di capire meglio in che modo io sia stata e sarò per sempre figlia. Il sollievo però, nel ritrovare su carta, l’insieme di pensieri diversi, nuovi, reali, su quello che comporta mettere al mondo un figlio e lasciarlo vivere fuori di te, è tanto. Perché è quell’incastonarsi di aspetti plurimi, spesso in forte contraddizione, e in ogni caso intrisi di un enorme peso, a rendere l’essere madre una delle cose più difficili del mondo. E sì, io sono felice di vivere nel 2021, avere un marito che prepara il risotto e passa lo swiffer, che si stira le sue camicie e può passare molti pomeriggi a lavorare a casa. Suppongo che, se mai avremo l’opportunità di essere genitori, sarà un sollievo spartirsi i compiti e provare, insieme, a fare del nostro meglio. Ma per quanto si possa avere il compagno di vita più sensibile, illuminato e presente del mondo, la verità dei fatti è che sarà sempre la madre e quindi la donna, a portare avanti questo “lavoro di una vita”. 

Può sembrare banale, ma ha avuto un peso rivoluzionario, per me, interfacciarmi al tema da questo nuovo punto di vista. Scoprire che in fondo, in una storia di maternità, ci sono solo due cose che hanno più rilievo del resto. La madre e il figlio. L’incontro di queste due solitudini e le modalità con cui viene portato avanti, sono le radici su cui si fonda il percorso di crescita di questi due individui. Tenere testa ad un bilanciamento che possa consentire la validità di queste due singolarità distinte non è solo difficile. È doloroso, faticoso, e a tratti impossibile da realizzare. E lo è ancora di più se si è inseriti in un contesto sociale schiavo di tradizioni arcaiche che non accettano di piegarsi all’evoluzione e al cambiamento. Quindi sì, fare la madre è il lavoro di una vita, e se si intraprende una decisione del genere e si ha la possibilità di portarla avanti, credo siano infiniti i passi da compiere. Voglio dimenticare immagini rassicuranti di culle profumate e gingilli fatati, ma voglio lasciarmi dietro anche i terrorismi assoluti di vomitate devastanti, notti insonni e alienazioni da se stessi. Immagino che sia inevitabile sperimentare la gamma di emozioni che va da un polo all’altro di questi estremi. In mezzo però, abbiamo due elementi di cui non si può proprio dimenticarsi. Ci sei tu. E di te stessa sarebbe bene non smettere mai di prendersi cura. E poi c’è il figlio. Ed è anche, e forse soprattutto, per lui che è essenziale non perdersi di vista, lavorare su di sé, consentirsi ancora di mettersi al primo posto. Non rinunciare a conoscersi.

Tutti mi dicono: non si è mai pronti per essere genitori. Certo. Penso però che oggi ci siano molti mezzi e possibilità per prepararsi al meglio. Senza stigmatizzare la magia che si cela dietro l’acquisto di un seggiolone o di un paio di tutine. Deve essere stupendo dipingere una stanza di colori pastello sulle note di Jovanotti. È ancora più bello però ricordarsi che l’abitante di quel piccolo nido, non sarà un cucciolo di cane a cui dovremo dare carezze e biscotti. Ma un altro essere umano, che si prenderà molto di ciò che abbiamo, per poi andare un giorno nel mondo sulle proprie gambe, mettendo in fila una serie di passi che non avranno più, nel migliore dei casi, niente a che fare con noi. Rimarrà l’impronta, certo, la spinta ad andare, come quando abbiamo mollato le piccole mani, in quei primi passi su un tappeto di gomma. E poi rimarremo noi. In una casa più o meno grande, senza più rumori. Allora forse, durante questo assurdo viaggio chiamato maternità, potrebbe essere davvero importante non dimenticarsi di noi, oltre che di chi abbiamo generato. Credo sia questa la vera rottura con il prima. 

Poi di lacerazioni ce ne sono altre. Come capire che essere madre è soltanto una delle tante cose che si possono fare nella propria esistenza. E che se non ci sentiremo mai pronte per questo sarà perché probabilmente siamo già pronte per tanto altro, altrettanto importante e di valore. Ed è esattamente così che mi piacerebbe vedere la vita.
Sarebbe stato più arduo, raggiungere alcune di queste visioni, senza l’aiuto di una serie di letture a cui sono grata, per avermi dato, in modalità completamente diverse, ispirazione e pensiero sulla figura della madre. Uno di questi è “Il lavoro di una vita” di Rachel Cusk.

Vi lascio qualche altro titolo che può sempre interessare:

  • Rossella Milone, Cattiva
  • Sheila Heti, Maternità
  • Philip Roth, Quando lei era buona 
  • Carole Fives, Fino all’alba 
  • Nadja Spiegelman, Dovrei proteggerti da tutto questo

Qualche dettaglio in più sul libro che ha ispirato tutta questa riflessione:

  • TITOLO: Il lavoro di una vita
  • AUTORE: Rachel Cusk
  • CASA EDITRICE: Einaudi
  • ANNO: 2001, 2021
  • PAGINE: 150
  • PREZZO: 12 €

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